Papà e mamma se ne sono andati uno dopo l’altro. Antonio, 91 anni, storico e apprezzatissimo avvocato trevigiano, era ricoverato all’ospedale di Monastier da una decina di giorni. Nelle ultime 48 ore il progressivo aggravarsi delle sue condizioni aveva indotto i medici ad allertare i familiari: tre figli, otto nipoti e due pronipoti.
«Un colpo difficile dopo la mamma» ha ammesso ieri sera Giovanni ritrovatosi nello studio legale di famiglia con la sorella Silvia e il fratello Francesco per rimettere insieme i pensieri. Covid e pandemia non avevano nulla a che fare con la morte della madre, e così per il padre, «che forse ha lentamente ceduto proprio dopo la perdita della sua metà » hanno convenuto i figli.
Ancor prima di aprire lo studio era stato infatti segretario dell’associazione provinciale dei Comuni, carica ottenuta in seno alla Dc. Lì, tra i giovani del partito, aveva conosciuto Pierina, che sarebbe diventata sua moglie e con cui avrebbe presto lasciato il partito.
Galeotta fu forse la lettera scritta dall’allora vescovo Mantiero, quella “Scribo vobis iuvenes” diventata poi titolo di un libro che avrebbe raccontato le prime armi di un movimento giovanile progressista che non piaceva ai vertici democristiani di allora. «Ma mi ha sempre sostenuto nella candidatura e nel mandato da sindaco» ricorda Giovanni, «al contrario di mia mamma che pregava perché perdessi».
Antonio Manildo era «generoso, tutto d’un pezzo, amante della cultura: storia, musica e filosofia soprattutto» racconta la famiglia, «con una passione spasmodica per il lavoro che ha trasmesso a tutti». La sua passione per il calcio, mai celata, nasceva poi da lontano, da quando era stato allenatore della storica “Miani”, la squadra della parrocchia di Santa Maria Maggiore in cui giocò anche un giovanissmo “Bepi” De longhi e che aveva come avversario la Arista del futuro avvocato De Poli.
I funerali saranno a Santa Maria del Rovere martedì alle 16.30, la parrocchia a cui la famiglia Manildo è da sempre legatissima.