Addio a Naldini, cantore del Novecento

Lo scrittore si è spento ieri a 91 anni. Amico di Parise, Gadda, Morante, Pontiggia, era cugino di Pier Paolo Pasolini

Era per vocazione uno che stava in secondo piano, che amava nascondersi dietro le storie degli altri, che raramente prendeva la parola per conto proprio, ma si prodigava a testimoniare quella degli altri. Si considerava un poeta “minore”, anche perché in tutta la sua vita è stato parco di versi. Nico Naldini, morto ieri a Treviso a 91 anni, è quasi sempre identificato come “il cugino di Pasolini”, quasi fosse questo il suo merito maggiore. E cugino lo era ovviamente.

Le loro madri, Enrichetta e Susanna Colussi, erano sorelle e Domenico Naldini (poi sempre Nico anche nelle sue opere) era di poco più giovane rispetto a Pier Paolo Pasolini ed ha condiviso con lui quasi tutta la vita, prima a Casarsa, negli anni friulani, poi a Roma, facendogli spesso anche da aiuto regista (da regista in proprio ha invece firmato solo un film di montaggio, “Fascista”). E questo farebbe pensare ad una vita da gregario, rispetto la cugino famoso, ma in realtà non è così. Anche Nico Naldini ha scritto poesie in friulano, pochi anni dopo il cugino, ma quelle poesie, edite nel 1948, hanno poi conservato nel tempo forza autonoma, non sono pallide orme di quelle di Pier Paolo. E così per tutto il resto, compresa la omosessualità, che Nico Naldini ha vissuto forse in maniera diversa e forse più libera rispetto al cugino.

Goffredo Parise, che fu amico di Naldini, trovava che le sue poesie avessero una sorta di incanto, quasi inconsapevole, e per questo mancavano di continuità nella produzione. E così se tra una raccolta e l’altra passavano anni e qualche volta decenni, nel frattempo Nico Naldini scriveva biografie, curava libri, frequentava quasi tutti gli intellettuali del suo tempo: amico di Parise, di Comisso, ma anche di Gadda, della Morante, di Pontiggia, di Biagio Marin, anche di Yves Montand, come lo stesso Naldini racconta in “Alfabeto degli amici” uno dei suoi libri in prosa più belli, perché delinea in pochi tratti, spesso aneddotici, le figure di tanti dei protagonisti della cultura del Novecento. Negli anni Ottanta e Novanta Nico Naldini ha firmato per Einaudi le biografie di alcuni dei suo amici, mescolando studio e conoscenza personale in una sintesi felice. Ecco allora “La vita di Giovanni Comisso”, il “Pasolini, una vita”, (recentemente ristampato da Tamellini) e poi “De Pisis, vita solitaria di un poeta pittore” (anch’esso ristampato da Tamellini) cui va certamente aggiunto anche “Il Solo fratello. Ritratto di Goffredo Parise” che Naldini pubblicò invece, nel 1989, per l’editore Archinto. In qualche modo legato alla memoria degli scrittori conosciuti, frequentati, letti è anche “Il treno del buon appetito”, in cui però si fa strada una più forte esigenza autobiografica, già nell’immagine del titolo: perché quel treno del buon appetito è quello che il giovane Naldini vedeva passare, diretto a Vienna, nel suo Friuli; immagine di altre vite come il Rex felliniano. Anche “Il treno del buon appetito” è stato ristampato negli ultimi anni dall’editore Ronzani, segno di un interesse per la scrittura di Naldini che non si è mai spento, soprattutto nel Veneto; perché non bisogna dimenticare che Naldini era in fondo l’ultimo testimone del mondo letterario e culturale veneto (o forse triveneto) del Novecento. Un Veneto che Naldini diceva scomparso, ma cui continuava ad essere fortissimamente legato, come dimostrava la scelta di Treviso come luogo di residenza. In “Il treno del buon appetito” Naldini con grande sincerità metteva sul tappeto anche la sua omosessualità, tema che ritorna poi anche nell’ultima sua raccolta poetica (con brani anche in prosa) che si intitola “Piccolo romanzo magrebino” (Guanda). Scrive presentando questi pezzi Nico Naldini: “Se qualcuno sarà turbato dai loro argomenti, non posso che ripetere l’antica formula socratica: «Conosci te stesso». A dire che in questi foglietti sparsi, come li chiamava lui, c’era qualcosa, la passione per i giovani corpi maschili, che dal Friuli natio alla costa sud del Mediterraneo, in cui ha vissuto già anziano per un periodo, lo aveva sempre accompagnato e che, per quanto potesse disturbare o essere condannata, non rinnegava.