Addio al primario Demattè: dal Ca’ Foncello alla politica

Diresse per 28 anni Medicina d’urgenza, poi l’impegno con Prodi & Co. Nel 2003 coordinò la lista Campagner. Fu un padre dello scoutismo trevigiano

TREVISO. Ai 90 anni gli mancavano soltanto 4 mesi, ma sapeva che non ci sarebbe arrivato, e lo diceva a chi gli stava vicino. Paolo Demattè ha “stilato” l’ultima sua diagnosi su stesso. Ed è spirato lunedì nella sua casa di Sant’Antonino, rinunciando a cure che forse riteneva eccessive.

È stato uno dei primari che hanno scritto la storia del Ca’ Foncello nel secondo Novecento, primario per 28 anni di Medicina d’Urgenza (più popolarmente Astanteria); era approdato a Treviso dopo due anni di primariato al “Guicciardini” di Valdobbiadene, giovanissimo. In pensione nel 1998, dopo 41 anni fra reparti e corsie, si era allora dedicato con maggiore impegno alla politica, che interpretava, da fervente cattolico, come servizio alla comunità e al bene comune.

Negli anni ’90 era stato uno dei primissimo sostenitori trevigiani di Romano Prodi: gli esordi nei comitati lanciati dal politico bolognese, quindi la nascita dell’Asinello, i Democratici, di cui diventerà ben presto referente provinciale. Quindi il passaggio alla Margherita di Rutelli, e nel 2003 il coordinamento della lista Campagner, della candidata poi sconfitta da Gobbo dopo una rovente campagna elettorale («l’orso da scuoiare» di gentiliniana memoria).

E si era sempre battuto in prima fila contro la politica dello Sceriffo. Ma Demattè era stato, giovanissimo anche uno dei pilastri dello scoutismo trevigiano. Con il fratello Enzo (poi, scrittore, preside, ispettore ministeriale) e Pizzinato fu uno dei rifondatori dello scoutismo trevigiano nel secondo dopoguerra, in quella Asci che solo più tardi avrebbe conosciuto le scissioni. Fra le sue grandi passioni certamente la montagna, nel suo Dna, per le origini trentina della famiglia.

Innumerevoli gli attestati che giungono ai familiari, incentrati sull’umanità e professionalità del medico ma anche sulla testimonianza di una vita scandita dall’impegno, non solo professionale. «Era sempre disponibile generoso, un uomo buono», lo ricorda Maria Luisa Campagner, «distante anni luce dal politico classico, era incapace di pensare a carriere e tornaconti» .

«Un uomo che ha fatto grande l’ospedale e il pronto soccorso, solo per questo devono essergli grato i trevigiani», dice Stefano Pelloni, capogruppo del Pd, «Le sue lezioni sono due: la credibilità e l’onestà della persona che si candida per l’amministrazione della cosa pubblica». Lascia la moglie Maria Clotilde, sposata 60 anni fa, i figli Stefano, dipendente di una compagnia aerea, Luca, fisico, e Laura, quest’ultima cooperatrice pastorale della Diocesi. L’ultimo saluto sarà celebrato sabato 13 marzo, alle 10,45, nella parrocchia di San Zeno, che il medico ha sempre frequentato con la famiglia.