Mattia, 23 anni e la voglia di rendersi autonomo: ecco chi era il ragazzo morto schiacciato

Il giovane Battistetti dopo le superiori aveva scelto di non proseguire gli studi I primi calci al pallone, la fidanzata Giada, il volontariato con la Croce Bianca

MONTEBELLUNA. Aveva 23 anni, una fidanzata, un lavoro che gli piaceva: tutto perduto in un attimo,quando il cavo della gru si è spezzato e un carico di 15 quintali gli è caduto addosso. Mattia Battistetti era un ragazzo a cui piaceva tanto il suo lavoro, anche se era faticoso, fatto di tante ore nei cantieri. I suoi genitori avrebbero voluto che proseguisse negli studi dopo le scuole superiori, che andasse all’università, ma lui non voleva più studiare, voleva andare a lavorare e aveva trovato occupazione alla ditta di ponteggi di Trevignano, la Altedil. Da ragazzo aveva giocato a calcio, lo ricordano ancora quando tirava calci al pallone nel campo di via delle Ginestre.


«Ciao Mattia», scrive infatti Mara Ceron, «ti ricordo ancora al calcio di Guarda. Non penso si possa descrivere il dolore che sta attraversando questa famiglia».


Tutti lo ricordano come un ragazzo attivo e con tanta voglia di lavorare. Amava la montagna, Mattia, e quando aveva tempo libero, le poche volte che lo aveva, si alzava anche alle 5 del mattino per andare a fare una escursione. Per il resto aveva poco tempo: tante ore di lavoro non gli lasciavano spazio per altre attività: solo qualche birra con gli amici, le ore trascorse con Giada.

La mamma insisteva perché trovasse un lavoro più tranquillo, meno pesante, ma lui non voleva, gli piaceva quel lavoro, gli piaceva montare ponteggi nei cantieri e non ne sentiva il peso anche se doveva rinunciare a tante altre cose, come il volontariato alla Croce Bianca di Montebelluna. «Era stato un nostro tirocinante», ricorda Maria Farina, la presidente della Croce bianca di Montebelluna, «gli avevamo chiesto perché non aveva continuato a studiare per fare poi una professione sanitaria come quella del papà, ma lui diceva che era stanco di studiare e voleva lavorare. Era un ragazzo molto impegnato, senza grilli per la testa, veniva qui dopo il lavoro e faceva servizio fino alle 2 di notte».

Ma il lavoro poi lo aveva indotto a rinunciare anche al volontariato alla Croce Bianca: «Era venuto a fare il corso formativo nel 2019», ricorda Ketty Trevisan, «aveva cominciato a fare anche qualche servizio come terzo componente dell’equipaggio delle ambulanze, ma poi il lavoro non gli lasciava più tempo per fare il volontario. Fino all’inverno riusciva ancora a venire alla sera, poi con la bella stagione e gli orari di lavoro più lunghi non riusciva più a venire. Mattia era un ragazzo solare, sempre disponibile, a differenza di tanti giovani che vengono a fare il corso per avere crediti nella loro carriera scolastica, Mattia era venuto perché credeva a questa attività di volontariato e la svolgeva con impegno. Tanto di cappello al suo impegno, che incarnava il vero spirito del volontario».